venerdì 14 febbraio 2014

Novecento nero: un diamante è per sempre

Mineo C.a.r.a. Rifugiati. Sierra Leone. Cicatrici provocate dalle milizie del RUF.

Dietro un diamante c’è un mondo e tante storie, quasi sempre sconosciute. Sono storie di guerra che hanno devastato molti paesi africani. Questo è ciò che è accaduto e continua a verificarsi in molti paesi come Angola, Liberia, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Sudafrica, Zimbabwe, Botswana; paesi le cui ricchezze non hanno generato le premesse per uno sviluppo economico e sociale. Ciò nonostante in occidente una cultura sempre più consumista ed elitaria continua ad associare all’immagine e al valore dei diamanti una considerazione sempre più alienata dei sentimenti umani. Anversa e le sue vetrine, “un diamante è per sempre” sono sicuramente i simboli più conosciuti di ciò che voglio dire. Ma a guardarlo dentro, a brillare è lo sfruttamento, la violenza, le guerre, i genocidi, la negazione dei diritti umani, l’impiego tra le milizie di un numero sempre crescente di bambini soldato. In Angola i proventi hanno finanziato Savimbi e l’esercito dell'Unione per la liberazione totale dell'Angola, protagonista di una delle più devastanti guerre civili del Novecento. Sono tanti i paesi africani, denuncia Amnesty, nei quali il commercio di diamanti ha alimentato lunghi e sanguinosi conflitti. La crisi in Sierra Leone è iniziata nel ‘79 attraverso un processo di inesorabile impoverimento e indebitamento dovuto alla progressiva perdita da parte dello Stato del controllo delle concessioni minerarie, passate in mano ad un ristretto oligopolio occidentale. Tra le prime rivolte del ’91 e il programma di stabilizzazione economica del Fondo Monetario Internazionale del ’92,che privatizza le risorse statali, il paese precipita nel caos e nella guerra civile capeggiata da Foday Sankoh capo del Fronte Rivoluzionario Unito. Anziché sanare una situazione di corruzione del governo, il RUF mira al controllo delle miniere. Sia il fronte statale che quello rivoluzionario trovano sostegno nel contributo di industrie belliche, milizie mercenarie, multinazionali e gruppi terroristici chiaramente in cambio di  agevolazioni nel traffico di diamanti. Lo stato prolungato della guerra complica ulteriormente le condizioni di vita dei civili: due milioni di profughi si rifugiano in zone più tranquille del paese o varcano il confine con la Guinea-Conacry e la Liberia. Dal '96 come risposta allo slogan elettorale “Il futuro è nelle tue mani” i guerriglieri del RUF compiranno una serie infinita di mutilazioni a danno dei civili. Nonostante l’esito positivo delle elezioni e l’intervento dell’Ecomog, nel ‘99 i guerriglieri del RUF entrano a Freetown preceduti da centinaia di bambini armati e drogati,  una costante della guerra civile tanto tra le milizie del RUF che sul fronte nazionale appoggiato dalle Nazioni Unite. Sarà proprio la foto del piccolo Kamajoh armato di fucile tra i soldati inglesi  a spingere il governo laburista di Blair a un rapido disimpegno. La figura del bambino soldato è un tratto comune in molte altre guerre africane. “Ebbene – scrive Ryszard Kapuscinski- in Africa sono anni e anni che i bambini ammazzano in massa altri bambini. Oggi le guerre su questo continente sono praticamente tutte guerre tra bambini”. Vittime delle guerre civili, migliaia di orfani trovano rifugio e cibo paradossalmente nelle zone limitrofe alle caserme, agli accampamenti e ai presidi delle milizie, diventando così parte integrante degli eserciti, figli del reggimento. “Questi scontri armati tra ragazzini –continua Kapuscinski- sono particolarmente accaniti e cruenti, in quanto il bambino, non possedendo l’istinto di conservazione, non sente e non capisce il pericolo di morte, non conosce la paura, che è un portato della maturità. Le guerre tra bambini sono state rese possibili anche dallo sviluppo della tecnica. Oggi un’arma automatica a mano è compatta e leggera, le sue ultime generazioni ricordano un giocattolo. La vecchia Mauser era troppo grossa, lunga e pesante. La mano di un bambino era troppo corta per raggiungere il grilletto, il mirino troppo distante per il suo occhio. Le armi moderne risolvono questi problemi ed eliminano questi inconvenienti. Le loro dimensioni si adattano perfettamente alle fattezze di un ragazzino”. Ancora oggi bambini vengono impiegati sui fronti di guerra come manovalanza a basso costo. Ad esempio circa 6000 in Congo e stime non definite ci informano che nel Sud Sudan il fenomeno è dilagante. Dalla Birmania, Afghanistan e Syria arrivano storie drammatiche. Così come in Sierra Leone, si tratta di guerre frontali, mattanze portate avanti a colpi di machete e armi leggere: addestrati, drogati, indottrinati alla guerra, sono loro a pagare il contributo maggiore di un conflitto a loro del tutto estraneo. Nonostante la stesura del processo Kimberly nel 2003 sulla certificazione di provenienza dei diamanti e l’adesione più o meno apparente di  tante multinazionali, il traffico illegale di diamanti sembra non aver conosciuto battute d’arresto significative. Sapere che l’aumento del consumo globale di diamanti raggiungerà una crescita del 60% nei prossimi dieci anni non è incoraggiante.


Mineo. C.a.r.a. Rifugiati della Sierra Leone. Appunti con dettagli sulla guerra civile e sulle violenze causate dal RUF.

Mineo, C.a.r.a. Rifugiati della Sierra Leone. Segni indelebili sulla testa della violenza esercitata dalle milizie del R.U.F. a danno dei civili.
Mineo C.a.r.a. Rifugiati della Sierra Leone.