Dietro un
diamante c’è un mondo e tante storie, quasi sempre sconosciute. Sono storie di
guerra che hanno devastato molti paesi africani. Questo è ciò che è accaduto e
continua a verificarsi in molti paesi come Angola, Liberia, Sierra Leone, Repubblica
Centrafricana, Sudafrica, Zimbabwe, Botswana; paesi le cui
ricchezze non hanno generato le premesse per uno sviluppo economico e sociale.
Ciò nonostante in occidente una cultura sempre più consumista ed elitaria
continua ad associare all’immagine e al valore dei diamanti una considerazione
sempre più alienata dei sentimenti umani. Anversa e le sue vetrine, “un
diamante è per sempre” sono sicuramente i simboli più conosciuti di ciò che
voglio dire. Ma a guardarlo dentro, a brillare è lo sfruttamento, la violenza,
le guerre, i genocidi, la negazione dei diritti umani, l’impiego tra le milizie
di un numero sempre crescente di bambini soldato. In Angola i
proventi hanno finanziato Savimbi e l’esercito dell'Unione per la liberazione
totale dell'Angola,
protagonista di una delle più devastanti guerre
civili del Novecento. Sono tanti i paesi africani, denuncia Amnesty, nei quali
il commercio di diamanti ha alimentato lunghi e sanguinosi conflitti. La crisi in Sierra Leone è iniziata nel ‘79 attraverso un
processo di inesorabile impoverimento e indebitamento dovuto alla progressiva
perdita da parte dello Stato del controllo delle concessioni minerarie, passate
in mano ad un ristretto oligopolio occidentale. Tra le prime rivolte del ’91 e il programma di stabilizzazione
economica del Fondo Monetario Internazionale del ’92,che privatizza le risorse
statali, il paese precipita nel caos e nella guerra civile capeggiata da Foday
Sankoh capo del Fronte Rivoluzionario Unito. Anziché sanare una
situazione di corruzione del governo, il RUF mira
al controllo delle miniere. Sia il fronte statale che quello
rivoluzionario trovano sostegno nel contributo di industrie belliche, milizie
mercenarie, multinazionali e gruppi terroristici chiaramente in cambio di
agevolazioni nel traffico di diamanti. Lo stato prolungato della guerra complica
ulteriormente le condizioni di vita dei civili: due milioni di profughi si
rifugiano in zone più tranquille del paese o varcano il confine con la
Guinea-Conacry e la Liberia. Dal '96 come risposta allo slogan elettorale “Il
futuro è nelle tue mani” i guerriglieri del RUF compiranno una serie infinita
di mutilazioni a danno dei civili. Nonostante l’esito positivo delle elezioni e
l’intervento dell’Ecomog, nel ‘99 i guerriglieri del RUF entrano a Freetown
preceduti da centinaia di bambini armati e drogati, una costante della
guerra civile tanto tra le milizie del RUF che sul fronte nazionale appoggiato
dalle Nazioni Unite. Sarà proprio la foto del piccolo Kamajoh armato di
fucile tra i soldati inglesi a spingere il governo laburista di
Blair a un rapido disimpegno. La figura del bambino soldato è un tratto comune in
molte altre guerre africane. “Ebbene – scrive Ryszard Kapuscinski- in Africa
sono anni e anni che i bambini ammazzano in massa altri bambini. Oggi le guerre
su questo continente sono praticamente tutte guerre tra bambini”. Vittime delle
guerre civili, migliaia di orfani trovano rifugio e cibo paradossalmente nelle
zone limitrofe alle caserme, agli accampamenti e ai presidi delle milizie,
diventando così parte integrante degli eserciti, figli del reggimento. “Questi
scontri armati tra ragazzini –continua Kapuscinski- sono particolarmente
accaniti e cruenti, in quanto il bambino, non possedendo l’istinto di
conservazione, non sente e non capisce il pericolo di morte, non conosce la
paura, che è un portato della maturità. Le guerre tra bambini sono state rese
possibili anche dallo sviluppo della tecnica. Oggi un’arma automatica a mano è
compatta e leggera, le sue ultime generazioni ricordano un giocattolo. La
vecchia Mauser era troppo grossa, lunga e pesante. La mano di un bambino era
troppo corta per raggiungere il grilletto, il mirino troppo distante per il suo
occhio. Le armi moderne risolvono questi problemi ed eliminano questi inconvenienti.
Le loro dimensioni si adattano perfettamente alle fattezze di un ragazzino”.
Ancora oggi bambini vengono impiegati sui fronti di guerra come manovalanza a
basso costo. Ad esempio circa 6000 in Congo e stime non definite ci informano
che nel Sud Sudan il fenomeno è dilagante. Dalla Birmania, Afghanistan e Syria
arrivano storie drammatiche. Così come in Sierra Leone, si tratta di guerre
frontali, mattanze portate avanti a colpi di machete e armi leggere:
addestrati, drogati, indottrinati alla guerra, sono loro a pagare il contributo
maggiore di un conflitto a loro del tutto estraneo. Nonostante la
stesura del processo Kimberly nel 2003 sulla certificazione di provenienza dei
diamanti e l’adesione più o meno apparente di tante multinazionali, il
traffico illegale di diamanti sembra non aver conosciuto battute d’arresto
significative. Sapere che l’aumento del consumo globale di diamanti raggiungerà
una crescita del 60% nei prossimi dieci anni non è incoraggiante.