«Quando sento certe notizie dall’Italia,
mi addanno (un sentimento a metà tra lo struggersi e l’arrabbiarsi, ndT). In Sicilia, poi, è più dura che altrove».
Antonino Musco, lentinese di
32 anni, di cose per cui
addannarsi ne ha viste troppe. «Vengo da un passato di
mediattivismo. A Catania con alcuni amici avevamo creato un laboratorio,
Gebel, e lavoravo anche alla redazione de
L’Erroneo.
Con tutto quello che ne conseguiva, sconfitte soprattutto». Un
laboratorio e un giornale in pieno quartiere Antico Corso, un polo
culturale chiuso dopo un intenso periodo di lavoro.
Ma la voglia di
comunicare attraverso la musica non era semplice da soffocare. Da qui la decisione di partire, andare oltre lo Stretto, per fare tappa per cinque anni a
Roma.
«Ho vissuto nella capitale dal 2005 al 2010 – racconta -. Con due amici
abbiamo creato un progetto basato sulla letteratura siciliana,
Sicilian AV project.
Abbiamo avuto delle soddisfazioni e nel 2008 abbiamo riscosso un
discreto successo. Ma Roma è come una grande Sicilia: clientelare e,
soprattutto, provinciale. L’anno dopo, nel 2009, sono capitato a
San Francisco quasi per caso e un anno dopo mi sono trasferito».
L’idea in testa è sempre quella,
lavorare nel mondo della musica.
«Quando dicevo che avrei voluto lavorare in questo campo, già gli amici
mi erano contro. Qui in California è completamente diverso. Non importa
da dove vieni, conta chi sei. Ti mettono subito alla prova». Parte così
una
scommessa con sé stesso: «E’ un progetto, il mio
progetto. Ho iniziato a costruire un network partendo da zero, è una
bella sfida». Difficile, anche se – secondo Antonino – la scelta più
difficile sarebbe stata quella di
rimanere a Catania: «Siete voi coraggiosi a restare», afferma con sicurezza.
«In tutto il mondo vai avanti per amicizie, connessioni. In Italia il
sistema è malato, questo è il limite. La cultura non circola, cosa che
non avviene in quel porto di mare che è San Francisco – racconta – La
California, San Francisco in particolare, è ancora più avanti che gli
Stati Uniti». L’ambiente ideale per chi vuole fare il dj: «Tutto diventa
più semplice, non ci sono timori reverenziali, c’è molta più
tranquillità. Ti capita anche di incontrare
Lawrence Ferlinghetti sull’autobus». Una metropoli, ma
welcoming.
Per il momento Antonino si divide tra lo studio in una
scuola di broadcasting, un
programma radiofonico – nel quale è
Your favorite pizza DJ – e alcune
serate
in giro per la città: «Suonare in Italia è difficile. Qui posso fare
più esibizioni in una sola serata, andando in bici da un locale
all’altro. Ci si campa – continua – e ci sono le possibilità per poter
arrotondare».
La
gavetta a Catania, senza dubbio è stata
formativa. «Il fatto di partire dalla Sicilia, con tutte le difficoltà
del territorio, mi ha dato senza dubbio una marcia in più». Anche se ci
sono giorni in cui tutto sembra un po’ più
difficile. «Alle volte è duro: ci sono sapori e odori che ti catapultano attraverso l’oceano. Vivi in una sorta di
limbo,
ma ne vale la pena – sospira – Probabilmente mi sposterò in California,
ma per il momento non è il caso di tornare. Sono in una fase di
apprendimento». E c’è da fare i conti anche con quanti sono rimasti
lontani,
al punto di partenza: «Mia madre ha capito, ha visto che in due anni
passati qui ho fatto più di quanto ho realizzato in cinque anni a Roma.
Qui c’è crescita, i soldi girano. Inizialmente, abituato alla vita in
Italia, pensavo che mi pagassero troppo. Poi pian piano ho realizzato
che tutte le professioni devono avere la giusta retribuzione».
Lo studio, prima, la rete di contatti dopo.
E tra qualche anno? «Il mio sogno è tornare nelle campagne lentinesi, lavorare alla mia musica e poi farla conoscere attraverso il web».