Ciò che
accade in Francia in questi giorni con la vittoria del Fronte Nazionale è un
dato preoccupante perché sovrapponendosi
alle vicende ucraine dimostra chiaramente in che modo l’identità delle nuove
destre trovi consenso tanto nel centro quanto nelle regioni prossime ad un
allargamento europeo. Dall’Ucraina il passo verso la Polonia è per altro breve:
qui una delle maggiori forze politiche è quella di Diritto e Giustizia guidata
da Kaczyński, appoggiata dall'estrema destra sotto il segno di un patto mistico che
trova nella tragedia e nel culto di Smolensk le sue ragioni fondanti. La Grecia di Alba Dorata già da tempo dà la misura di quanto a destra possano portare le derive euro-scettiche. Anche in
Italia negli ultimi anni -senza considerare l'impianto fortemente populista e anti-eururopeista del Movimento Cinque Stelle- Forza Nuova, CasaPound, e altre organizzazioni
dell’estrema destra incominciano ad incidere socialmente con un mordente e un
consenso maggiore rispetto al passato. Questo trend, condiviso su scala
europea, non può essere casuale e non può essere censurato con gli stessi
strumenti della retorica politica.
Se il risveglio delle sinistre europee, quelle moderate, democratiche, centriste, insomma quelle dei colletti bianchi, trova gli incubi in casa, diventa necessario provare a misurarli su
responsabilità concrete. Ciò che ha fatto Hollande corrisponde a ciò che hanno fatto i maggiori partiti della sinistra europea. Non si può far finta di essere di sinistra
legittimando finanza, banche e mercati. Non si può far finta di essere di
sinistra militarizzando le frontiere, deportando i migranti, sedersi al tavolo dei bilderberg e della
Nato. Non si può essere di sinistra e lasciare che in Europa le derive
populiste, xenofobe, naziste e fasciste diventino rappresentative del disagio sociale
e vincano le elezioni. Non si può essere di sinistra se ci si affida a un
tecnicismo che pone i partiti democratici europei al di fuori della tradizione
socialista otto-novecentesca. Non si può essere di sinistra censurando le
conquiste storiche del pensiero e della lotta comunista, indicando come inique le esperienze
fallimentari del comunismo reale nel blocco sovietico. La crisi che stiamo vivendo, che ci è stata imposta, è più dura e violenta di quella del ’29 perché se
allo stesso modo colpisce l’economia con il suo portato di disoccupazione e
povertà, diventa ancora più devastante
sul piano delle idee e dell’orientamento politico. Nel senso più ampio è una
crisi culturale e quindi anche politica. Non serve a nulla un’idea di sinistra
elitaria e moderata perché compromessa
con gli stessi poteri liberali che continuano a creare crisi. Il rischio è dunque di consegnare il vecchio continente
ancora una volta alle destre con una responsabilità storicamente colpevole di avere emendato la sinistra dal suo ruolo antagonista di forza realmente progressista che nulla ha a che vedere con
l’attuale socialismo liberista europeo. Questo è quanto accade negli ultimi anni nel
cuore dell’Europa dei palazzi di vetro. A sinistra, per chi sa e si sente tale non c’è
confusione, anzi maggiore chiarezza: si continua ancora, sotto altre forme, a
lottare contro lo stesso capitale, ancora iniquo, ancora razzista, ancora militarista.