sabato 19 dicembre 2015

trinacrianspace: last fish


 Pensieri come schiuma,
  una lenza tra le mani: 
l'ultima montagna,
l'ultimo pesce 
in fondo 
al mare



                                                                                        
   


martedì 1 dicembre 2015

trinacrianspace: l’algebra e la pietra.

Non c’è modo migliore per capire la mia terra se non a distanza; 
lontano dai nudi calanchi e dal treno a vapore, 
traduco codici algebrici di un’anima senza tempo 
e di una rivelazione dolorosa agli occhi e al cuore.


sabato 24 ottobre 2015

Il cibo che uccide

Festival della fotografia etica: il cibo che uccide
Lodi, ottobre 2015


Ed Kashi al centro della navata dell'ex chiesa di San Cristoforo per un'intervista sul suo "Under Cane: A worker's Epidemic",  è soltanto una delle possibili immagini che potrebbero riassumere la sezione dedicata al "cibo che uccide" dall'edizione 2015 del Festival della Fotografia Etica di Lodi. Dedicato ai lavoratori di canna da zucchero  centroamericani colpiti da CKDnT (malattia renale cronica da cause non tradizionali) Ed Kashi chiude il cerchio sulle cause dei 20.000 decessi tra El Salvador e Nicaragua. Al di là dell'altare, nell'intimità dell'abside, potente come un'icona di altri tempi per delicatezza e profondità umana, il lavoro di Lisa Krantz“A Life Apart: The Toll of Obesity”, storia di Hector Garcia Jr. deceduto per le complicanze di un'obesità grave. “Se dovessi disegnare la mia vita, disegnerei un bambino dietro al vetro di un negozio con le mani appoggiate mentre guarda il mondo passargli davanti. La vita continua e io me la sto perdendo. Me la sto perdendo da tutta la vita”, queste le parole di Hector Garcia Jr e sembra sentirle ancora più forti foto dopo foto. Scandito dalla metrica introspettiva delle navate, il viaggio in Argentina di Pablo Ernesto Piovano che commuove per lirismo e impegno etico;  su ogni volto, tra le rughe della "donna pazza con la maschera" e quelle del "bambino di cristallo" le tristi conseguenze alimentari e ecologiche della coltivazione di soia transgenica e dell’erbicida glifosato, voluti, senza troppi scrupoli, dalle multinazionali e dal governo argentinoCompleta la sezione il reportage di Nadia Shira Cohen e Paulo Siqueira, sui conflitti per la rivendicazione delle terre tra indios brasiliani del Mato Grosso e i "nuovi" proprietari terrieri, non certo propensi a condividere l'antica giurisdizione dei  Guarani. Il corpo di Denilson Barbosa, ucciso, con un colpo di arma da fuoco, da un proprietario terriero semplicemente per aver oltrepassato il confine di un vicino ruscello, giace alla sinistra dell'altare come quello di un martire contemporaneo. 

    Lisa Krantz“A Life Apart: The Toll of Obesity”


    Pablo Ernesto Piovano: " El costo humano de los agrotóxicos"

   Ed Kashi: "Under Cane: A worker's Epidemic"


mercoledì 16 settembre 2015

"Giungla polacca"



Quando l'accoglienza diventa aleatoria: non si può declinare su basi volontarie l'idea di ospitare migranti in fuga dal dolore. L'accoglienza agisce su basi etiche, riconoscere l'altro in noi e viceversa, condividendo una condizione umana comune e ugualitaria. Qui cade l'uomo, così si distrugge la storia, la memoria; non c'è dubbio è la morte della speranza, mentre gli occhi si volgono a ovest, nel silenzio fumoso di una sigaretta americana.  

lunedì 10 agosto 2015

trinacrianspace: Kal’at al Bellut e il viandante malcapitato

“Le cose di valore del ricco sono la sua città forte, 
e nella sua immaginazione sono come un muro protettivo.” (Prov. 18.11).



Ci sono città invisibili; qualcuna lo è per fama e va bene così, altre sgomitano, quasi a nascondersi e a scalzare in celebrità le sorelle maggiori; ce ne sono altre, ironia del caso,  che non si arrendono al pensiero di esserlo per sempre. E’ per questo che l'invisibilità di una città sottintende un ragionamento ogni volta opportuno. C'è quella che splende di luce e quella sospesa per aria, l'altra ...... e l'altra ancora che .... .  Di tanto in tanto a un viandante un po’ meno distratto e con l’incertezza che è solita delle provinciali inerpicate allo spasimo, può capitare, oltre i tornanti, di arrivare in una piccola città, forse un piccolo paese o meglio ai piedi di un cumulo di case impolverate e  "accucuzzolate" che in cima a una montagna, sfidano l'incalzare delle tenebre. Come stelle a bassa quota, a un tiro di schioppo dalla fantasia, sembrano riempire il cielo con un segno di protesta e fendere il cuore del “malcapitato”. Certo, il tempo, la gente, quello che qualcuno chiama ancora progresso, le hanno dimenticate facendo sì che, senza lustro è senza fama, anch'esse, al pari delle altre, diventassero invisibili. 


Un’inquietudine sassosa, uno spaesamento geosferico, un'ignota incertezza avvolgono all'istante l'anima e il pensiero; ma a vederle meglio non si può che non sentire la fierezza indomita degli architravi incassati, concedersi al sorriso fiorito dei rosoni, intuire una certa leggiadria che rasenta la frivolezza ossuta e scarnita delle sagome a stucco e dei gesti impalcati nel capellone della Madonna della Catena. Dal cremisi al crepuscolo, il cielo è un frammento affrescato nel tempo. Poche parole al metronomo coi due turghimanni, un cortese sacrestano e un geomante muto; la sua ombra è ormai lunga sui miei passi, poi è notte. Come stella a bassa quota, a un tiro di schioppo dalla fantasia e adagiata sul mar d’Africa, questa partitura di pietre e anime vaganti, sembra riempire il cielo con un segno di protesta e fendere il cuore del “malcapitato”. Sul Gogàla, un vento inonda la rupe di echi ancestrali e tarsie intrecciano Camico, Cocalo, l'ospite Dedalo e la morte di Minosse, la resistenza degli schiavi a Triocala, le visioni mistiche di Ruggero il normanno, il vespro e Federico il buono, la terra di Lot e gli amanti Qabisi e Masuda, alle volute infinite di un bosco di querce; perché questa è  Kal’at al Bellut, la rocca delle querce, cifra misterica nel viaggio sicano. Ci sono città del tutto invisibili, altre che non si arrendono al pensiero di esserlo per sempre: tra queste Caltabellotta, città si fa per dire, accucuzzolata ancora oggi per la pace.




lunedì 18 maggio 2015

Trinacrian space: Sua santità Balansûl


Sua santità Balansûl, dall’alluce incarnito, coi piedi scalzi di San Paolo e sui sentieri del mito; oltre i carrubi e all'ombra delle montagne, c’è ancora qualcosa da dire, qualcosa da mostrare, un bosco per gioire, aria sana da ingoiare; non fosse altro per snidarsi dal postmoderno, dall’indecenza del trasformismo, dalla claustrofobica e necessaria evidenza del buono e del giusto; in questo vuoto, nella grancassa dell’abbandono, un gesto compiuto, un’idea di bellezza fatta pietra, divenuta albero, brucia al sole dell’altopiano: silenziosa e perenne denuncia del crollo delle idee, della violenza che assassina la mano, che seppellisce gli occhi e il cuore in colate di cemento. Che gli imperi muoiano e che di tale morte sia segno tangibile il crollo delle sue strade è storia vecchia; oltre l’expo c’è chi scivola paziente e sereno nell’alveo carsico di un nuovo medioevo, una rivoluzione “annunziata” su tavola tarlata. “Santu Paulu nun perdona, San Michele nun c’abbandona”. Che forse a contemplare le clessidre s’impara a scoprire il mistero del tempo? Tortile, precario, sottile e infinito come un merletto, Balansul amministra i venti dall’alto degli Iblei. Ma non è più tempo e non si vuole capire che una clessidra, la si guardi o no, vale tanto all’ingiù quanto una lacrima in cascata libera sullo zigomo dolce di San Sebastiano.












sabato 25 aprile 2015

Un applauso dunque, un pugno al cielo: buona resistenza a tutti.



L’antifascismo che nasce dal pane, dal vino, dalla terra, dal sudore, dalle mani, dall’umiltà, dalla fatica, dall’onestà del lavoro, dal pensiero, dall’amore. Resistere, perché è umano. Come pietre assolate, l’una sull’altra, in un giorno d’aprile, segnano un tempo che resta umano, che ha bisogno dell’uomo, come un figlio del padre, come un nipote del nonno, come il tempo della storia. Non c’è differenza: che arrivi dagli appennini o da lontano, che la si fucili alle spalle o anneghi in mezzo al mare, la storia è una e l’accoglienza è un valore della resistenza. Un applauso dunque, un pugno al cielo: buona resistenza a tutti. 

sabato 11 aprile 2015

Every traveled road: "rien de rien"




Appena un secolo fa al tempo della Belle Époque -quando le case erano basse sotto il cielo di Parigi, furtivi e nascosti gli amori come rampe annidate e gli operai incazzati come pipe nere su tele fumanti- erano veri tutti i sogni di Belleville. Qui, nel 1915, nacque, visse e cantò Édith Piaf, la  môme de Belleville tra esistenzialisti mal pagati e blouson noir sbronzi sugli specchi della Rive Gauche.