Adesso sembra chiaro cos’è il sistema
accoglienza italia: bocche cucite, docce fredde, suicidi, proteste, blocchi
stradali, permanenze forzate, diritti negati, sono segni concreti di ciò che è
la vita all’interno dei centri d’accoglienza. Tutti gli episodi raccontati
dalla cronaca, anestetizzata per anni dal tragico epicentro degli sbarchi, non
sono novità dell’ultima ora. Ad esempio il cara di Mineo nasce nel 2011 e da
allora per i suoi “ospiti”, oggi circa 4000, le difficoltà non sono cambiate
affatto. La storia dei migranti, così come in questo paese si è voluta
raccontarla, non si ferma soltanto allo sbarco né tantomeno a Lampedusa perché
si apre al presente dell’Italia e alla dura realtà dei centri d’accoglienza.
Dal CSPA lampedusano di contrada Imbriacola –da dove provengono le dure e
assurde immagini delle docce anti scabbia e dove ancora oggi sono
reclusi il suo autore e altri 16 migranti tra cui superstiti del naufragio del
3 ottobre - al Cara di Mineo c’è un filo diretto evidente non soltanto nei tempi
di detenzione dilatati ben al di là dal limite previsto dalle normative dell’Unione Europea ma soprattutto nel tipo
di amministrazione. LampedusAccoglienza Srl, cooperativa che gestisce il centro lampedusano, nasce infatti
dall’unione di una più piccola cooperativa agrigentina, la bluecoop, e del consorzio catanese
Sisifo che tra i tanti centri d’accoglienza quali il Cspa di Cagliari-Elmas e
il Cara di Foggia, gestisce il mega e super affollato c.a.r.a. di Mineo. A sua
volta la Sisifo è al vertice di un sistema d’imprese partner tra cui la Senice
Hospice, Casa della Solidarietà e Cascina Global Service, vicinissime
rispettivamente all’area cattolica di Comunione e Liberazione, all'Arciconfraternita
del Santissimo Sacramento, San Tifone e Domus Caritatis. Tutto ciò in assoluta
controtendenza con il lavoro del Papa che con l’Urbi et Orbi di Natale invitata fedeli e no ad una riflessione concreta sulla vita dei migranti, sulla tratta di esseri
umani e sui conflitti che attualmente chiamano in causa Siria, Palestina, Iraq,
Nigeria, Sud-Sudan, Congo, Repubblica Centroafricana e Corno d’Africa. E’ così
che si spiega abbastanza bene come l’intreccio tra affari e politica sia la leva
di un sistema che gioca al ribasso sui diritti umani e che qualcuno si ostina
ancora a chiamare “accoglienza”. Se l’esistenza del cara di Mineo equivale in
affari ad un indennizzo annuo di sei milioni di euro versato alla Pizzarotti e
se il contributo medio di circa 30/36 euro per migrante assicura fatturati pari
a circa 5 milioni di euro annui alle società che se ne occupano, non credo ci
sia altro da aggiungere. Capovolgendo i conti si può dire che il cara di Mineo
conta un investimento in sigarette pari a 160mila euro negli ultimi cinque mesi.
E’ questa l’accoglienza italiana e va detto chiaramente perché se l’attenzione
sul centro lampedusano compie il
miracolo facendo si che finalmente il dibattito superi l’epicentro mediatico
dello sbarco, le indagini devono necessariamente aprirsi alla realtà ben più
complessa dei centri di accoglienza italiani. Mineo con i suoi suicidi parla ad
alta voce all'opinione pubblica svelando cos’è la vita
all’interno di un centro, chi sono i migranti, cosa c’è dietro ogni singolo
viaggio, quali le ragioni; ma si sa che qui nel nostro paese da decenni la
politica estera e la storia dei conflitti africani e del medio oriente
rimangono argomenti volutamente trascurati dai media. Nonostante i
silenzi e le omissioni di un governo totalmente disinteressato, i coup
de théâtre di un ministro degli interni figlio della Bossi-Fini e i
finti spot umanitari, sono convinto, che sia necessario portare avanti altre
idee sull’accoglienza.
In tal senso mi piace condividere le parole di Fulvio
Vassallo Paleologo apparse di recente su Meltingpot:
“Perché
nessuno ha il coraggio di affidare il monitoraggio ad organizzazioni terze non
coinvolte in rapporti convenzionati con il ministero dell’interno? Perché non
ai Garanti nazionali per minori e detenuti?
Anche se non ci saranno
archiviazioni da parte dell’autorità giudiziaria, presto interverranno
organizzazioni internazionali a ricercare le reali responsabilità dello sfascio
del sistema di accoglienza in Italia. A questo punto non è possibile aggirare
alcune richieste immediate:
Come il decongestionamento dei centri di
accoglienza in Sicilia con trasferimenti in altre regioni italiane, con le
risorse portate dalla legge di stabilità, in modo da creare un vero sistema di
accoglienza nazionale, chiudendo la struttura di Mineo ed assegnando a
Lampedusa la funzione autentica di centro di prima accoglienza e soccorso per
massimo 48 ore.
Come la rinegoziazione o la sospensione temporanea del
regolamento Dublino per ragioni umanitarie in particolare per i migranti
provenienti dalla Siria (…) Come il passaggio del sistema di accoglienza dai
CARA ai centri SPRAR, con un ruolo maggiore di gestione e di controllo affidato
ai comuni ed alle associazioni locali, reintroducendo i controlli contabili
della Corte dei Conti e garantendo procedure di assegnazione a rilevanza
pubblica in modo da evitare il massimo ribasso e la selezione di gestori
inaffidabili.
Come il rigoroso rispetto da parte delle questure e delle
prefetture delle normative interne ed internazionali che prevedono la immediata
formalizzazione delle misure restrittive della libertà e delle richieste di
asilo, l’accesso ai diritti di informazione legale e di difesa, senza quei
margini di discrezionalità che hanno consentito finora trattenimenti senza il
rispetto del principio di legalità e della riserva di giurisdizione. Si tratta
di condizioni minime, che in questo mare di disumanità, basterebbero quantomeno
a restituire dignità alla vita di migliaia di persone”.
testo e foto Santo Mangiameli
riferimenti:
http://sandraq85.blogspot.it/2013/07/lampedusa-dai-media-e-storia-migrante.html
http://santomangiameli.blogspot.it/2013/07/lampedusa-dai-media-e-storia-migrante.html