sabato 14 dicembre 2013

La mimica del Grillo: così dal comico nasce il tragico.



L’atmosfera è inconfondibile, quella di un paese in festa. 
La gente, che riempie le strade e la piazza è la stessa che da sempre, almeno una volta l’anno, si accalca sul corso, anche l’odore è di torrone e zucchero filato. 
L’attesa però è diversa: per una volta a spalancarsi non sono più le ante tarlate della vecchia matrice ma l’oblò di un carroccio itinerante che al paradiso ha preferito un cielo a cinque stelle, alle vesti  mute del santo la vis comica del guitto, alla sacralità un po' naïf dell’icona lignea l’icasticità grottesca della pantomima. 
Qualcosa è cambiato, a dire il vero non saprei cosa, ma a naso direi proprio di sì e la piazza ne è la dimostrazione. 
A sentirla ridere mette quasi paura: ecco il nuovo che avanza, la kermesse messianica, il potere taumaturgico. 
Troppa semplificazione nei concetti, 
confusione sul chi, sul come e il dove, nessuna distinzione tra presente e passato, storia e idee. 
Forse sono questi i mattoni di un nuovo muro tutto italiano, e c’è chi sui muri ci sa stare, 
perché non è dei mattoni la natura del muro, 
ma dell’autorità con cui si è soliti chiamarlo muro. 
Così dal comico nasce il tragico.

Nel disagio mi astengo. Se il frastuono e la nuova fede urlata -che tutto vuole, tutto abbraccia, tutto esalta e tutto nega- cresce in modo esponenziale all’unisono dei gesti del piccolo architetto del nulla, provo a scivolare nel silenzio, 
ad annullare la panto-fonia 3.0, 
ad ascoltare con gli occhi, 
immerso nel silenzio di una vasca.
 Qui tra lo sfocato delle bolle ci vedo meglio. 
Ovattare gli idoli è la mia idea di democrazia: funziona ancora. E poi sarà anche che a me piace il tonno e che difficilmente mi torna identico al parlamento.











testo e foto Santo Mangiameli

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