C’è un sentiero nascosto, sottile
come una lama,
c’è un sentiero imprevisto tra l’erba
scivolosa,
sulla collina a sud, al di là del
muro,
si vede ancora il mare cobalto,
denso, nervoso, opaco,
antico, miniato come un manoscritto,
con incubi a colori su pergamena
ingiallita;
dentro una clessidra a vela,
una scimmia impazzita senza tiara e
scettro
e un dio acefalo su un trono d’avorio
tirano a fatica gli archi
su una viola
infernale a pioggia di rane;
matti, impauriti dal gracchiare di un
grammofono senza ali,
si annidano in sequenza binaria
sul
pavimento della stampa nazionale,
un orologio incastra su se stesse le
lancette
sulle scale di casa
sulle scale di casa
e una copia malnutrita di un santo
eremita
annuncia la vita sul cavallo della morte:
eccoli i matti sono nel mio salone
sotto un cielo grigio milanese,
eccoli i mostri sono fuori,
con
toghe, camici, divise e tricolori,
me li hanno portati in casa mentre io
ero tranquillo;
un tubo catodico annerisce di pianto
il volo libero delle parole,
il volo libero delle parole,
come vergini malinconiche in trittici
tarlati,
anima e corpo, tu mi insegni a
scegliere:
grama o pneuma,
grama e pneuma è la risposta.
Su una mongolfiera a vetri
ci
inabissiamo tra il rosso dei papaveri,
nel vento di una rivoluzione
sognata,disperata, tenera
e pieghevole sul
gambo di un garofano rosso;
avremmo dovuto, ma prima nel
dopoguerra del caos,
in fondo il 68 è solo un numero
difettivo,
sempre maggiore alla somma dei suoi
divisori,
rappresentazione atomica dell’Erbio,
nelle terre rare dei lantanoidi,
in gradi celsius la temperatura
ideale per il bianco e nero,
tra cinque anni voleremo via
sulla
faccia nera della luna
da soli, poeti interstellari, con una
ninna nanna in dono:
“tutto ciò che è adesso
tutto ciò che è andato
tutto ciò che arriverà
e tutto quanto sotto il sole è in sintonia
ma il sole è eclissato dalla luna”.